
Dobbiamo ricordare che “Zio Vanja” di Anton C. è una delle opere teatrali più importanti della drammaturgia russa e mondiale, in cui il grande Čechov esamina i temi a lui più cari: dell’esistenza umana della società del suo tempo e psicologici con una grande profondità nell’affrontarli che ci risultano già vicini al nostro vissuto presente.
Stefano Cordella rielabora, forse più nei modi che nei contenuti, questo capolavoro del grande scrittore russo in chiave contemporanea, cioè in modo ancora più comprensibile alle giovani generazioni: il classico “Zio Vanja” facendo leva sulla sua drammaturgia che diviene collettiva.
Se “Zio Vania” è un capolavoro della malinconia e della disillusione anche sociale, ambientato in una tenuta di campagna russa dove i protagonisti sembrano vivere in una sorta di inerzia esistenziale, incapaci di cambiare la propria condizione e vita o di trovare una vera via di uscita, Čechov chiude il dramma da par suo e delle sue idee, lasciando i suoi interpreti, Vania e sua nipote Sonja senza grandi eventi risolutivi: si ritorna alla monotonia quotidiana, con una dolorosa consapevolezza del tempo perduto; l’intelligenza di Stefano Cordella nel riadattare il testo originale, l’espressione e la capacità intuitiva nel renderlo attuale con una vena di sottile ironia.

Mentre Serebrjakov, il padre di Sonja è il personaggio d’ innesco dei temi centrali: tornato nella tenuta di campagna della sua prima moglie, ora condotta da Sonja e dallo zio Vanja, annunciando di voler vendere la proprietà che è l’unica casa, dimora anche degli affetti e dei ricordi per Vanja e Sonja, per finanziare una nuova vita a città: questa volontà del padre libera il conflitto centrale nello spettacolo, in cui Vanja si rende conto che non è affatto un grande uomo, e questo lo porta a un’esplosione di frustrazione e tutti i temi cari a Čechov vengono portati alla luce: Vanja vive la sua disillusione verso l’autorità e gli ideali passati, rendendosi conto di aver vissuto all’ombra di un uomo che non meritava tanto rispetto, l’egoismo e la decadenza dell’intellettuale rappresentano la fine di un’epoca culturale, dove il sapere non basta più a garantire autorità morale e la frattura tra città e campagna: lui personifica il distacco urbano e intellettuale, a confronto con la realtà concreta e frustrante della vita rurale; Stefano Cordella ci propone la nostra realtà, attraverso una rielaborazione testuale che non sfugge al testo di Čechov, ma lo rende più che mai attuale.
L’adattamento, ambientato in un paesino di provincia italiano, è attraversato da una drammaturgia originale, ispirata ai temi e ai personaggi principali dell’opera cechoviana, dove le angosce, la demoralizzazione e il senso di vuoto della società odierna si riflettono sulle difficoltà dei trentenni, quarantenni qui protagonisti, nel trovare una direzione concreta, cercata, nella vita.

Lodevole il parallelismo tra il padre di Sonja, Serebrjakovin in “Zio Vanja”di Čechov e il “Il Professore” di Cordella, anche se il primo cecoviano è fisicamente presente in scena e partecipa ai dialoghi e conflitti con Vanja, il secondo, pur assente di fatto, ma tenuto in vita da un respiratore artificiale dietro una parete, è percepito, sentito, come una oppressione. Mentre il primo con suoi discorsi e decisioni scatenano la crisi del dramma e dei personaggi, il secondo di Cordella, pur essendo in coma dà con la sua sola esistenza, l’accensione al motore simbolico del blocco emotivo e psicologico degli altri personaggi, diventando un concetto più che un personaggio: un peso emotivo, che fonde tutti i personaggi al passato e condiziona ogni loro scelta, costringendoli alla fine a un futuro statico e rassegnato nel triste loro presente.
Uno spettacolo rieditato in maniera egregia senza “sfregiare” il capolavoro di Čechov, rendendolo attuale e riflessivo grazie anche a una scenografia minimalista con abiti di scena attuali che non stonano affatto, dando ancora più un senso di attualità allo spettacolo.
In replica alla ”Sala Bartoli” del “Rossetti” Venerdì 11 Aprile alle ore 19:30

“VANIA”
uno spettacolo di OYES
Ideazione e Regia Stefano Cordella
Drammaturgia collettiva con
Francesca Gemma, Vanessa Korn, Umberto Terruso, Fabio Zulli
Disegno luci Marcello Falco
Scene e costumi
Stefania Corretti, Maria Barbara De Marco
Organizzazione
Giulia Telli
produzione OYES
Con il sostegno di
Mibact, Fondazione Cariplo, URA_Residenze (progetto di Regione Umbria,
Comune di Gubbio e Centro Teatrale Umbro), Next – Laboratorio delle idee per la produzione e la distribuzione dello spettacolo dal vivo 2016/2017
Spettacolo finalista In-box 2017
Progetto vincitore del premio Giovani Realtà del Teatro edizione 2015
Menzione speciale alla Drammaturgia – Festival Inventaria 2016 – Teatro dell’Orologio (Roma)