Per anni a Trieste lo sport giovanile è stato appannaggio di chi poteva permetterselo. Costi d’iscrizione elevati, spese per attrezzature, vincoli logistici: ostacoli silenziosi che hanno escluso centinaia di famiglie dal garantire ai propri figli il diritto fondamentale al gioco e allo sport.

In questo scenario, da ottobre è nato Trieste in Meta, un progetto che rompe gli schemi e mette finalmente il bambino – e non il portafoglio della famiglia – al centro.

Due ex rugbysti, Sergio Capaccioli e Alessio Feltrin, o come preferiscono dire loro “giocatori sulla via del tramonto”, stanchi di assistere a questa deriva, hanno lanciato un’iniziativa tanto semplice quanto rivoluzionaria: corsi gratuiti di rugby per bambini dai 3 ai 6 anni, patrocinati dal Comitato FIR Friuli Venezia Giulia, con la collaborazione della V Circoscrizione del Comune di Trieste e con il supporto della Fondazione Pittini.

Non è solo un progetto sportivo: è un atto politico. È la risposta concreta a un sistema che ha trasformato il diritto allo sport in un privilegio.

“Le famiglie di oggi si confrontano con ritmi insostenibili e timori crescenti – spiega Capaccioli –. Pensare che i bambini possano ancora vivere i giardini pubblici in autonomia come qualche anno fa è pura illusione.”

Trieste in Meta parte dalle periferie, dai luoghi dove l’accesso allo sport è più difficile. La scelta dell’oratorio salesiano della Parrocchia di San Giovanni Bosco di San Giacomo non è casuale: è un messaggio chiaro. Qui oltre 70 famiglie hanno già potuto offrire ai propri figli un’attività sportiva gratuita, controllata e formativa.

Il progetto, pur ancora nel pieno della sua prima stagione, sta già gettando le basi per il futuro: i promotori sono al lavoro per ampliare e consolidare l’offerta il prossimo anno, dimostrando che non si tratta di un’iniziativa estemporanea, ma di un piano serio e a lungo termine.

Perché il rugby è scuola di vita: insegna il rispetto, la disciplina, la collaborazione. Valori che l’attuale sistema educativo e sportivo, spesso piegato alle logiche di mercato, ha smesso di trasmettere.

Trieste in Meta, sotto la supervisione del Centro di Formazione Federale, non è solo un esperimento: è un modello di rottura. Una rivoluzione possibile, concreta, già in atto.

Se davvero vogliamo ridare dignità allo sport giovanile, questa è la strada.

Non servono più convegni, tavole rotonde o proclami: servono progetti come Trieste in Meta. E la volontà, finalmente, di rimettere i bambini al centro. Non i bilanci e loro ci stanno provando.