Prosegue mercoledì 16 aprile, il progetto della Foresta dei Giusti in Friuli Venezia Giulia”, ideato e promosso da Damatrà onlus con la Regione autonoma Friuli Venezia Giulia – Assessorato alla Cultura e con 9 municipalità della regione. Questa volta il progetto si sposta a San Vito al Tagliamento, per una nuova tappa proposta in collaborazione con l’Amministrazione comunale: alle 10, appuntamento nel parco della Scuola Secondaria di Primo Grado “Amalteo-Tommaseo” (via Angelo Galante Ciliti 9), all’interno dell’istituto scolastico, dove un Gingko Biloba sarà intitolato a don Lorenzo Milani, il sacerdote ed educatore per una scuola “della disobbedienza”. Nell’ambito del progetto, infatti, gli alberi della Memoria vengono intitolati a cittadine e cittadini esemplari del mondo, i “Giusti”, con l’obiettivo di promuovere i valori della sostenibilità e i diritti di ogni persona, quindi l’educazione ambientale e quella civica.
Alla intitolazione parteciperanno 45 studenti, che in questi mesi hanno preso parte al progetto insieme ai loro insegnanti. L’intitolazione, proposta nell’ambito dell’articolato cartellone “La memoria del legno 2025”, è aperta alla partecipazione del pubblico, con prenotazione alla mail [email protected] Gli studenti racconteranno al pubblico la storia di Don Lorenzo Milani e tutti, grazie all’uso di smartphone e cuffie audio, potranno ascoltare le storie di chi si prende cura delle foreste in Friuli Venezia Giulia, racconti che diventeranno un podcast a cura dei giovani artisti di Invasioni creative, online dal mese di giugno sul sito https://lamemoriadellegno.damatra.com Don Lorenzo Milani, inserito fra i Giusti del nostro tempo dalla Fondazione Gariwo, Gardens of the Righteous Worldwide che è partner del progetto in Friuli Venezia Giulia, nasce a Firenze il 27 maggio 1923 da una famiglia colta, laica e benestante. All’Accademia di Brera sviluppa un grande interesse per l’arte sacra e la liturgia; si converte quindi al cattolicesimo e nel 1943 entra in seminario. Il 13 luglio del 1947 Lorenzo diventa don Milani e viene assegnato come cappellano alla parrocchia di S. Donato a Calenzano, un comune operaio in provincia di Firenze. Negli anni cui il governo istituisce le scuole popolari, don Milani ne fonda una nella sua canonica e la fonda laica, perché nessuno, nemmeno i figli degli operai comunisti, se ne senta escluso. Nella sua classe si leggono i giornali, si prova a comprendere l’attualità, soffermandosi sulle parole più difficili: le parole sono al centro, il possesso della lingua come strumento per arrivare all’eguaglianza degli uomini. Non bastava, secondo Lorenzo Milani, una scuola uguale per tutti per avere una società di persone uguali, infatti “non c’è nulla che sia ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali”. Per queste sue idee e la sua vicinanza agli ultimi, viene isolato e, nel 1954, mandato a Barbiana, una minuscola frazione sui monti del Mugello, dove si sale a piedi, seguendo una mulattiera. Qualche casa, un cimitero, una chiesa, niente acqua, gas o luce, nessuna scuola. La scuola di Barbiana inizia qui, nelle stanzette della canonica e d’estate, fuori, sotto il pergolato. Una scuola sempre aperta, tutto l’anno, tutto il giorno, dove la regola principale era che chi sapeva di più aiutava e sosteneva chi sapeva di meno. Un luogo inclusivo, democratico, una scuola che non serve a “produrre una nuova classe dirigente, ma una massa cosciente”sempre guidati dalle due stelle polari per don Milani: il Vangelo e la Costituzione.
Di don Milani si comincia a discutere anche fuori dal suo ambiente quando, nel 1965 scrive, insieme ai suoi ragazzi, un invito alla disobbedienza ai cappellani militari toscani – che avevano tacciato gli obiettori di coscienza come traditori della patria, accusandoli di viltà ed estraneità al comandamento cristiano dell’amore. La lettera, invitava i cappellani a educare i soldati non all’obbedienza, ma all’obiezione di coscienza, richiamando anche all’articolo 11 della Costituzione – l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa. Cita anche l’articolo 52 della Costituzione – la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino – non volendo discutere l’idea di Patria in sé. Patria è una parola spesso abusata secondo don Milani: non è che una scusa per credersi dispensati dal pensare, dallo studiare la storia, dallo scegliere, quando occorra, tra la Patria e valori ben più alti di lei. Questa Risposta ai cappellani militari venne inviata a tutti i giornali, fu pubblicata solo dal periodico comunista Rinascita, e costerà a Don Milani due processi per apologia di reato e una condanna postuma. In Italia dovremo aspettare il 1972 per approvare la prima legge che consentiva di rifiutare la leva militare obbligatoria. Sullo sfondo del peculiare contesto della scuola di Barbiana, ci sono le grandi discussioni sulla riforma della scuola e le critiche del mondo cattolico come di quello laico, a cui 8 ragazzi di Barbiana e don Lorenzo Milani rispondono con questo esercizio di scrittura collettiva che sarà diffuso come “Lettera a una professoressa”, forse il testo più famoso e discusso, che denuncia un sistema scolastico che favorisce le classi più ricche – una scuola che manda via i malati e cura i sani – perdendo molti studenti lungo il percorso, in un paese dove l’analfabetismo era ancora diffuso. Don Lorenzo muore a Firenze il 26 giugno 1967 a 44 anni, dopo una lunga malattia. Le sue ultime parole, quelle del breve testamento che lasciò, furono ancora una volta per i ragazzi:«Ho voluto più bene a voi che a Dio, ma ho la speranza che lui non stia attento a queste sottigliezze e abbia scritto tutto al suo conto”.