Quanto accaduto ieri pomeriggio a Villaco, in Carinzia, a due ore di macchina da Trieste ci deve far pensare. Un giovane siriano armato di coltello ha ucciso un ragazzo di 14 anni e ferito altre cinque persone che passeggiavano in un tranquillo sabato pomeriggio austriaco, in uno dei luoghi che anche noi frequentiamo nei fine settimana. È successo un fatto che per la sua efferatezza non era mai avvenuto in Carinzia e da destra a sinistra le posizioni della politica austriaca sono state ferme e coincidenti. Lo stesso governatore del Land, Peter Kaiser, espressione dei socialisti, è stato diretto nell’affermare che chi vive in Austria deve rispettarne le leggi e adattarsi alle regole e ai valori.
Ed è giusto che sia così, perché ci sono i diritti da tutelare, ma anche i doveri da rispettare. Quanto è avvenuto a Villaco potrebbe accadere in qualunque momento anche a Trieste. Per ora gli accoltellamenti e le risse avvengono tra immigrati, ma basta un attimo a che la follia si scateni al di fuori di quei gruppi. E questo è un pensiero condiviso e una cruda realtà: stiamo vivendo una diffusa paura nel vivere la nostra quotidianità in alcune aree del centro città. Trieste in pochi anni è profondamente cambiata. Accoltellamenti, risse, spaccio
di stupefacenti sono all’ordine del giorno. I cittadini, gli imprenditori, tutti noi, siamo profondamente preoccupati e chiediamo ogni giorno maggiore sicurezza. Ma tutto ciò non è sufficiente. Le forze dell’ordine sono quotidianamente sotto pressione e non possono prevenire la violenza, perché ormai le persone presenti sul nostro territorio sono numericamente incontrollabili. È inutile negarlo e continuare a vivere nell’ipocrisia: sono decine i casi in cui i colpevoli di tanta violenza sono immigrati irregolari, ma non mancano le situazioni di violenza con protagonisti i migranti che hanno ottenuto il diritto d’asilo nel nostro Paese. E parliamo di un diritto fondamentale dell’uomo riconosciuto dalla Costituzione. Vi sono poi coloro ai quali, invece, è stato riconosciuto lo status del rifugiato oppure la protezione sussidiaria, o ancora la protezione per motivi umanitari, ovvero altrettante tutele che, però, esigono anche il rispetto delle regole dello Stato che le ha garantite. Chi cerca protezione e intende integrarsi non passeggia per città con il coltello in tasca. Chi desidera integrarsi non spaccia stupefacenti e non dà vita a bande per porre in scacco vie o rioni cittadini.
Da ieri sera in Austria si parla di riduzione del permesso di asilo e di rimpatri chiedendo che questi percorsi vengano adottati anche dall’Unione Europea. E tutto ciò è logico oltre che naturale: perché dobbiamo proteggere persone che poi commettono reati in Italia? Le tutele spettano a chi rispetta il Paese e i cittadini che gli consentono di poter vivere serenamente con l’opportunità di rifarsi una vita. A chi delinque, invece, andrebbero tolte le garanzie rimandando i soggetti nel loro Paese.
Antonio Paoletti, Presidente della Camera di commercio Venezia Giulia