foto di Lorenzo Bencich
Per la prima volta dalla sua nascita, A.B.C. Bambini Chirurgici – Associazione cresciuta nel tempo tanto nella struttura organizzativa che nella qualità e professionalità dei servizi erogati – ha avuto l’opportunità di analizzare in modo puntuale l’impatto dei suoi progetti e della sua struttura interna grazie ad uno specifico finanziamento erogato dalla Fondazione Beneficentia Stiftung.
Attraverso l‘attivazione di una collaborazione con l’Unità di Psicologia del Dipartimento di Scienze delle Vita dell’Università degli studi di Trieste, e il lavoro puntuale della ricercatrice Virginia Rinaldi – sotto la supervisione scientifica della docente dell’Università degli Studi di Trieste Sandra Pellizzoni – è stata realizzata la ricerca: “Il sostegno ai bambini chirurgici e alle loro famiglie: il modello A.B.C.”.
Attraverso questa ricerca sui servizi offerti ai propri beneficiari, l’Associazione ha voluto sistematizzare il proprio operato con riscontri misurabili scientificamente, per migliorarli e per proporre un vero e proprio “modello” eventualmente replicabile in altre Chirurgie Pediatriche, così da far riferimento ad una struttura organizzativa efficace e ad attività testate in modo evidence based.
La ricerca condotta assieme ad UniTS ha analizzato le diverse aree di attività di A.B.C., approfondendo i progetti attraverso un monitoraggio durato tre anni con interviste e questionari. Questo ha permesso di valutare l’impatto delle iniziative a favore dei bambini e delle loro famiglie, identificandone punti di forza ed eventuali criticità. La ricerca ha inoltre permesso di raccogliere i riscontri da parte degli stakeholders coinvolti: medici, personale ospedaliero, volontari e staff dell’Associazione.
La storia di A.B.C. Vent’anni al fianco delle famiglie chirurgiche
A.B.C. per i Bambini Chirurgici è dal 2005 l’Associazione di riferimento del reparto di Chirurgia dell’IRCCS Burlo Garofolo di Trieste e la sua mission è veder crescere tutti i bambini nati con malformazioni, accompagnandoli lungo il complesso percorso chirurgico e offrendo sostegno a loro e alle loro famiglie. A.B.C. nasce dalla storia personale di Giusy Battain e Luca Alberti, i fondatori, che hanno dovuto affrontare un lungo e complesso percorso chirurgico insieme a Riccardo, il loro primogenito. Al termine del primo periodo di cura, nel reparto di Chirurgia del Burlo, i due genitori mossi dal desiderio di provare a fare qualcosa per aiutare le famiglie che, in futuro, si fossero trovate ad affrontare una situazione simile alla loro, fondarono l’Associazione.
Nel corso di questi vent’anni sono stati fatti grandi passi in avanti che hanno portato A.B.C. a crescere e a rivolgere alle famiglie un ascolto sempre più attento e professionale. Tra i traguardi più importanti ricordiamo nel 2005 l’avvio di un programma di supporto psicologico dalla diagnosi prenatale, per accompagnare le famiglie lungo tutto il percorso di cura. Nel 2006 A.B.C. metteva a disposizione gratuita la prima casa per le famiglie provenienti da fuori Trieste. Un altro passo saliente è stato acquisire ampie ed approfondite competenze in fundraising, per garantire la sostenibilità dei progetti. Nel tempo, due aspetti rilevanti sono cresciuti in parallelo: da una parte l’area progettuale si sviluppava e si adattava alle richieste delle famiglie e degli operatori sanitari; dall’altra, l’area della raccolta fondi si arricchiva di capacità di fare rete, di approfondire rapporti istituzionali e di instaurare nuovi legami virtuosi sul territorio. Fondamentale è stata l’attenzione posta alla professionalità delle persone che compongono lo staff dell’Associazione, al fine di poter impostare dei progetti duraturi, efficaci e sostenibili. Nel tempo si è ampliato anche il gruppo dei volontari, cuore pulsante dell’Associazione. Questo sviluppo fa parte di una progettualità ben definita, all’interno della quale è prevista anche una figura di coordinamento e formazione.
Sintesi dei risultati e proposta del Modello A.B.C.
La progettualità di A.B.C. – pur avendo come focus le famiglie e i bambini che vivono esperienze chirurgiche ed organizzando quindi, in primis, progetti di accoglienza abitativa e sostegno psicologico – hanno nel tempo coinvolto medici, personale ospedaliero e scuole, mettendo a sistema una realtà che da prossimale (rispetto a bambini e famiglie) ha diversificato le sue attività facendole diventare sempre “più distali”.
I risultati delle analisi fatte sui vari progetti hanno restituito dati che confermano l’efficacia delle attività progettuali proposte, con un impatto molto positivo sulle famiglie. Contestualmente suggeriscono alcuni margini di crescita che rappresentano un punto di partenza per il futuro sviluppo. Gli elementi che concorrono a rendere efficace la proposta progettuale sono: una struttura interna organizzata, in cui i membri dello staff lavorano con ruoli ben precisi ma in costante e coordinata collaborazione. Un secondo elemento cardine è guardare alla malattia in modo sistemico e complesso diventando ponte tra realtà diverse, favorendo sinergie che migliorano il benessere del bambino chirurgico e della sua famiglia. Un altro aspetto che contribuisce ad offrire una proposta mirata ed efficiente è mantenere un costante monitoraggio che consenta di avere una visione oggettiva sulle attività proposte e non solo basata su riscontri estemporanei.
Scendendo nel dettaglio, l’analisi effettuata sui progetti associativi riguardanti il SUPPORTO PSICOLOGICO ED EMOTIVO in diagnosi prenatale e in chirurgia pediatrica hanno dato risultati molto positivi, che confermano i feedback dei genitori. In entrambi i contesti è emerso un dato molto significativo: le famiglie riconoscono la validità oggettiva del supporto psicologico ma fanno fatica a riconoscerne l’utilità soggettiva. Chi ha ricevuto il supporto psicologico è pienamente soddisfatto, tuttavia poche persone l’hanno richiesto attivamente. Risulta dunque importante offrire un nuovo sguardo sul ruolo dello psicologo nel contesto ospedaliero perché, pensando a questa professionalità in ottica preventiva, si possa offrire una presa in carico integrata che riguardi contemporaneamente gli aspetti medico-clinici e quelli psicologici per rispondere in modo più completo ai bisogni delle coppie che accedono ad un ambulatorio di diagnosi prenatale o impegnati in lunghi percorsi chirurgici.
Sempre in relazione ai progetti rivolti alle famiglie, l’ACCOGLIENZA, ulteriore attività cardine dell’Associazione, si è confermato un progetto particolarmente apprezzato dalle famiglie. Nel corso degli anni, da un appartamento si è arrivati a sei spazi abitativi messi a disposizione gratuita delle famiglie che devono raggiungere Trieste per accedere alle cure chirurgiche per i propri figli. Dalla ricerca emerge chiaramente come il progetto Accoglienza non sia percepito dalle famiglie solo come un sostegno economico e logistico, ma anche come prezioso supporto emotivo in un momento così difficile. I risultati inoltre mostrano che per il 60% delle famiglie i servizi offerti dall’Associazione sono stati uno dei fattori decisionali nella scelta di intraprendere il percorso di cura a Trieste: fattore che fa riflettere sulla necessità dell’Ospedale di collaborare con realtà del Terzo Settore che garantiscono servizi efficaci.
Le basi di questo progetto sono molto solide e testate nel tempo, ma richiedono un’attività organizzativa di non poco rilievo. Una frontiera a cui guardare in prospettiva potrebbe essere quella di concentrare in un unico polo cittadino i vari appartamenti di A.B.C. in modo da ottimizzare gli aspetti organizzativi e logistici a carico dell’Associazione.
Spicca tra i progetti di punta analizzati dalla ricerca il PROGETTO SCUOLE dell’Associazione: oltre ad essere stato accolto con molto entusiasmo dalle realtà educative territoriali per la salienza dei temi trattati, ha mostrato, in termini di monitoraggio, gli effetti sulla capacità di entrare in contatto con gli stati mentali altrui e considerarne la prospettiva. Attraverso questo progetto, A.B.C. promuove una forma di cura “distale”, creando un terreno favorevole per il reinserimento dei bambini nel loro contesto principale di riferimento, dopo aver affrontato un delicato percorso chirurgico. Alla luce di questi risultati, le prospettive future riguarderanno sicuramente la possibilità di capillarizzare ulteriormente il progetto nel contesto regionale, e non solo.
In relazione alle attività svolte da A.B.C. in collaborazione con l’I.R.C.C.S. BURLO GAROFOLO, si rileva come da sempre i due attori abbiano sempre avuto una visione condivisa ed unita nell’intento di offrire il miglior supporto possibile ai bambini e alle loro famiglie. Le attività co-progettate sono state apprezzate dal personale medico ed infermieristico. I risultati del questionario confermano e ampliano i feedback indiretti che l’Associazione riceve informalmente. Tuttavia, il rapporto tra l’Istituto ospedaliero e l’Associazione non è sempre privo di ostacoli e complessità. Le procedure burocratiche e i tempi istituzionali rappresentano spesso dei limiti che impediscono di raggiungere tutto il potenziale di questa collaborazione tra il mondo istituzionale ed enti del terzo settore. Questi aspetti, tuttavia, mettono in luce la necessità e l’opportunità di consolidare ulteriormente il rapporto tra le due realtà, interpretando la loro cooperazione come una frontiera da esplorare, piuttosto che un confine.
Dalla ricerca emerge l’importanza di guardare ai VOLONTARI come donatori di tempo e di competenze. L’approccio di A.B.C., che prevede una formazione continua ed un accompagnamento costante da parte del personale professionale dell’Associazione, si riflette in un riscontro estremamente positivo da parte delle persone intervistate nel corso del tempo. I volontari si sentono coinvolti e motivati nelle loro attività, instaurando relazioni positive tra loro e con lo staff. La ricerca ha anche analizzato l’impatto che queste figure hanno sul benessere delle famiglie chirurgiche: i dati mostrano che il 90% dei genitori intervistati ritiene utile la presenza dei volontari come supporto durante l’accoglienza e il ricovero.
Arrivando alla sintesi della modellizzazione dell’attività associativa, si osserva come l’azione di A.B.C., inizialmente concentrata su un insieme di progetti specifici rivolti alle famiglie, si è progressivamente evoluta, trasformandosi in una realtà che propone interventi diversificati e sistemici. Questi progetti, pur mantenendo come priorità il benessere di bambini e genitori coinvolti in percorsi chirurgici, si sono ampliati per includere iniziative volte a supportare l’azione ospedaliera, la formazione degli operatori, il coinvolgimento dei volontari e la promozione della coesione sociale. Tale approccio ha permesso ad A.B.C. di operare con maggiore efficacia e capillarità, perseguendo in modo più incisivo la propria missione.
Lo studio, prodotto grazie al supporto di Beneficentia Stiftung, non solo è servito all’Associazione per fare il punto sulle proprie progettualità con un approccio evidence based, ma anche per sintetizzare e potenzialmente esportare una metodologia di lavoro, delineando il contesto teorico di riferimento e fornendo un’analisi dettagliata dell’impatto dei progetti su tutti i beneficiari, diretti e indiretti.
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