di Edoardo Gridelli
Se le scenografie sono perfettamente azzeccate in questo spettacolo dove vengono utilizzati pochi elementi scenici quali delle cornici vuote a rappresentare le tre storie di tre donne che appaiono scollate tra loro, in realtà pare proprio che questo paletto venga appositamente creato, divelto nella ideazione e regia di Adriano Evangelisti che assieme alla drammaturgia di Agnese Fallongo, queste rendono la piece teatrale sicuramente più che interessante ed apprezzabile, poiché danno un senso alle tre storie di essere intercambiabili, nonostante le “cornici” di tempo e spazio: ognuna delle tre “Letizia” avrebbe potuto adattarsi, trovare dignità e amore, forza d’animo e comportarsi allo stesso modo delle altre due, forse perchè legate in realtà, da un filo logico che la Fallongo, assieme all’ideazione di Evangelisti è riuscita a legare interpolando le loro storie, unendole.
Provenienze regionali differenti delle protagoniste tra le due guerre: nord, sud e centro Italia nelle Regioni di Veneto, Sicilia e Lazio per il cartellone spettacoli “Scena contemporanea” della “Bartoli”, forse uno degli spettacoli più ben riusciti ed apprezzati dal pubblico.
Inoltre essenziale la interpretazione perfetta di Tiziano Caputo, che rende ancora più evidente a livello psicologico, i possibili significati delle distanze materiali che l’uomo tende a interporre tra sé e gli altri, in questo caso con ironia e con senso quasi cinematografico: li divelle, creando uno spettacolo che riesce ad offrire una profondità nel racconto di significati come l’affetto, il sacrificio, la volontà e il coraggio di tre differenti figure di donna di età età diverse tra loro.
L’autrice Agnese Fallongo ha avuto la sensibilità di cercare materiale inedito tra storie vere e sofferte: lettere dal fronte dei soldati, testimonianze toccanti di crocerossine e porta gerle (le donne che portavano al fronte viveri e medicinali), diari, testimonianze di protagonisti che quei periodi bui li avevano davvero vissuti, suore di orfanotrofi, reduci di guerra con le loro consorti ed anche una prostituta.
Nonostante il racconto parli di epoche e di donne completamente diverse tra loro, Evangelisti e la Fallongo, sono riusciti a dare un senso e un fil rouge tra queste tre figure di donna, dove tra l’altro le unisce una forza incredibile d’animo, di sfrontato sacrificio, dell’amore nonostante raffigurino anche dei periodi storici dove la povertà, le difficoltà anche di procurarsi un pezzo di pane è un’impresa epica: si parla infatti di rappresentare in modo diverso, in tempi diversi ciò che la guerra in generale può fare, cioè prendere delle decisioni dure ed inaspettate e dare delle motivazioni e scelte che non si pensavano e non si volevano intraprendere. Come detto è quasi un racconto filmico e la trama innesca un cordone logico che unisce queste tre donne solo alla fine della piece, dove non manca sicuramente anche una profonda ironia che lascia allo spettatore un concentrato di emozioni e offre diversi spunti di riflessione.
“La Suora” solo nel finale dello spettacolo, rende palese allo spettatore quale casualità della vita, in un modo o nell’altro hanno unite le tre Letizia: durante la prima Grande Guerra, non comprendendo lei stessa il suo vero ruolo in quella assurdità, vedendo cadere a terra dove troverà la morte vicino ai campi di battaglia la sua amica porta gerle Letizia, la siciliana, sposa vergine di un fante, poche ore prima della sua partenza per il fronte. Questo episodio le farà prendere i voti con il suo nome: Suor Letizia, e la sua vita viene reinterpretata con un ruolo ben preciso e chiaro nella sua mente, offrendosi all’altruismo e all’immolazione, sacrificio e speranza nel dramma. Mentre la terza Letizia ormai donna, rimasta sola e devastata nell’anima dagli avvenimenti della Seconda Guerra mondiale, si trova a dover accettare, mandata a chiamare da una sconosciuta zia, lei chiusa in un orfanotrofio, spinta dai consigli proprio della suora di andare a Roma dalla zia se voleva diventare una vera donna, farsi una famiglia. Invece sarà costretta ad accettare di diventare una prostituta, nonostante il chiaro e sempre pericoloso giudizio degli altri. Questa Letizia, con una dignità incredibile affronta la sua realtà, ma innamoratasi di un ragazzo romano sarà troppo tardi per poterlo seguire,così muore da sola nel bordello, per una malattia venerea.
In questo spettacolo non abbiamo trovato nemmeno una sbavatura drammaturgica, così ben impostata ed unita anche dal Caputo che oltre ad impersonare il soldato-marito e il ragazzo romano che chiude il cerchio arrivando a portare un ricordo della sua Lina – Letizia della casa di tolleranza alla suora che l’aveva cresciuta in orfanotrofio, cercando di lenire con una povera bugia, il suo dolore per averla mandata a Roma a prostituirsi e morire cosi ignobilmente: qui rende il pathos ancora più profondo con l’ambientazione e la sua chitarra.
Uno spettacolo sicuramente da vedere, delizioso perché riesce a intrappolare la dinamicità e drammaticità delle storie con elementi di comicità e quindi rendere questa narrazione completa e comprensibile, anche grazie alla bravura di Agnese Fallongo e Tiziano Caputo, gli interpreti di questa “Letizia Va Alla Guerra”, dove anche lo stesso Caputo rende i temi centrali più comprensibili e meno pesanti grazie agli accompagnamenti con canti popolari da loro due interpretati.
Lo spettacolo replica alla “Sala Bartoli” mercoledì alle ore 21.00.
“LETIZIA VA ALLA GUERRA
La Suora, La Sposa e La Puttana “
Di Agnese Fallongo
Ideazione e Regia Adriano Evangelisti
Con Agnese Fallongo
Tiziano Caputo
Accompagnamento musicale dal vivo Tiziano Caputo
Coordinamento creativo Raffaele Latagliata
Produzione “Teatro de Gli Incamminati”
In collaborazione con Ars Creazione e Spettacolo