di Gianfranco Terzoli
Già in testa alle classifiche prima ancora dell’uscita, a testimonianza del grande affetto dello zoccolo duro dei suoi fan, La caverna di Platone rappresenta un un capitolo importante della discografia ruggeriana: un disco maturo, che rivela l’anima punk di un musicista che non ha mai seguito (cit.) L’Onda.
Il disco – di cui è anche produttore assieme a Fortu Sacka e Sergio Bianchi con Mauro Tondini – chiude idealmente un cerchio, riconnettendo l’Enrico Ruggeri di oggi con quello di ieri e ricomprendendo tutte le fasi intermedie di un artista che non ha mai seguito le mode o rincorso le classifiche, avendo nella coerenza una delle sue principali compagne di viaggio assieme alla curiosità e al talento creativo. E che torna a pescare nella grande tradizione degli chansonnier, ultimamente poco frequentata, ma mai del tutto dimenticata. E dove Ruggeri si traveste musicalmente e si divide tra (cit.( Il Falco e il gabbiano per raggiungere vette di grande lirismo e picchiate di adrenalinico rock.
Osservatore attento, lettore accanito, come ha spesso raccontato nelle sue interviste, Ruggeri conferma di non fermarsi mai alla prima ipotesi e ne (cit.) Gli Occhi del musicista in una piatta realtà uniformata brilla la curiosità del libero pensatore che non si ferma e va oltre al pensiero unico. Come ogni artista e intellettuale, al netto delle polemiche, dovrebbe fare.
Anche in questo nuovo capitolo della saga ruggeriana, Enrico racconta storie restituendo pagine di una realtà vivida e mai banalizzata e sviluppa canoni letterari che traggono ispirazione da sentimenti e ataviche paure insiti nelle pieghe dell’animo umano e che diventano le righe di pagine senza tempo come nei libri degli amati autori russi.
I 13 brani dell’album (disponibile in cd e in vinile con 5 bonus track) raccolgono idee e pensieri che non temono di andare fuori dagli schemi e dai sentieri battuti del politically correct riecheggiano in una moderna agorà discoidale come appunto nella caverna di Platone, dove la filosofia regna sovrana, ma dall’alto dell’Olimpo del pensiero si cala nella quotidianità e idee e parole si fanno arte. Tanti i riferimenti al passato, solo apparentemente lontani e persi negli eoni del tempo e che però rappresentanto spunti di riflessione non causali, proiettati su un triste e grigio presente fatto di autotune, analfabetsimo funzionale, intelligenza artificiale, fake news, omologazione e globalizzazione. Da cui salvarsi (ri)mettendo in moto il cervello.
E non mancano i “fuori onda” (cit. Che Ramaya! di Luigi Schiavone alla fine del brano Sono proprio un infantile), qui “replicato” da Fortu Sacka ne Le Notti di Pioggia: preziosa testimonianaza di una registrazione “live” dove tutti gli strumenti sono suonati, senza sovraincisioni nè campionamenti.
Si va – e le parole sono proprio quelle del Rrouge – da Gli eroi del cinema muto, la prima dichiarazione programmatica dell’album: i grandi eroi non sono mai vissuti invano e il segno che lasciano non si può cancellare.
Il poeta è un’ode al Libero Pensiero, omaggio a tutti gli “intellettuali scomodi” che, da Socrate a Pasolini, hanno pagato con la vita la loro diversità nei confronti del pensiero dominante e al politically correct che ha finito per soffocare anche la satira.
Il cielo di Milano racconta una città meneghina piena di contraddizioni, in bilico tra disperazione e leadership, tra difficoltà, emarginazione e poesia, che rimanda a una primordiale Salviamo Milano (cit. Salviamo Milano dal pasto, salviamo almeno ciò che è rimasto…).
Zona di guerra descrive senza retorica la tragedia di chi vive una guerra dentro alla propria casa.
La title-track, La caverna di Platone, mette in scena l’eterno dualismo tra la realtà e la nostra percezione di essa. Il problema il re è nudo che ho voluto ribadire che la felicità viaggia su ben altri binari.
Das ist mir wurst ribadisce a tempo di valzer l’amore per l’Europa che rimane – e deve rimanere – il centro della Cultura, dell’Arte e del Pensiero, rimanendo un faro per tutto il resto del mondo (cit. Vecchia Europa muore con me…) che per rimanere o tornare tale a detta del cantautore milanese dev’essere quella della cultura, della democrazia e non degli affari.
La bambina di Goria, drammaticamente autobiografica per il tragico vissuto familiare, denuncia ancora una volta l’inutile crideltà della guerra quamndo si accanisce contro innocenti civili, peggio se bambini.
In Come prima più di prima, la protagonista, in bilico tra passato e futuro, vive le sue aspettative cercando di superare delusioni e dolori nella convinzione dell’autore che il rispetto per le donne debba passare attraverso i fatti (nel suo caso le canzoni) più che da dichiarazioni acchiappa click.
Cattiva compagnia, partendo da uno spunto autobiografico, descrive la sua visione della solitudine e si aggancia alle liriche di Volti nella noia scritta per gli Champagne Molotov. E allora, se a volte (cit.) Siamo male accompagnati, pazienza, che forse è comunque meglio che esser soli…
Le notti di poggia descrive sensazioni, solitudini, struggimenti, cercando di frugare all’interno dei nostri pensieri più intimi mentre (cit.) Piove su noi…
Benvenuto a chi passa da qui è un piccolo vademecum per l’avvicinamento alla felicità, scritto da chi – il figlio di Enrico, Pico Rama – ha posto la spiritualità al centro della sua esistenza.
Infine, Arrivederci addio: doveva essere il titolo dell’album e segna la conclusione ideale di un percorso difficile, ma ricco di soddisfazioni. Con dedica finale del Rrouge: “un altro atto d’amore nei confronti di tutte le persone che in questi anni hanno condiviso il mio percorso”. Eccoci qua, Enrico: grazie a te.
La caverna di Platone – Enrico Ruggeri (Sony Music)
Registrato e mixato da Sergio Bianchi all’Anyway Studio e al Boombox Studio.
Voce: Enrico Ruggeri.
Voce e chitarra acustica in “Benvenuto chi passa da qui”: Pico Rama.
Chitarre elettriche: Sergio Aschieris, Johnny Gimple, Fortu Sacka, Paolo Zanetti.
Chitarre acustiche, cori e seconde voci: Andrea Mirò.
Pianoforte: Francesco Luppi.
Tastiere e orchestrazioni: Francesco Luppi, Mauro Tondini.
Sintetizzatori analogici: Silvio Capeccia e Mauro Tondini.
Tromba e filicorno: Davide Brambilla.
Basso: Fortu Sacka.
Batteria: Phil Mer, Alex Polifrone (occasionali ritocchi di basso e tastiere Sergio Bianchi).
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