di Edoardo Gridelli


torna alla homepage


La Casa Nova: al "Rossetti" un Carlo Goldoni
alle prese con il trasloco


Se perfino al preciso, mai contento per natura, Carlo Goldoni, ebbe a dire di questa sua commedia: “Credo che mi sia lecito di preferirla a molt’altre, e di collocarla nel numero delle mie dilette”, ci deve essere un motivo. 

Ed altrettanto vero che lo stesso Goldoni, questa sera, alla prima de “Il Rosseti”, all'uscita dal Politeama avrebbe sorriso velatamente, il che avrebbe significato che la sua commedia “La Casa Nova” era stata interpretata in perfetto e inimitabile suo stile, come il suo linguaggio scenico del settecento da questa “ compagnia di teatranti” veneti.

Che la scuola del Teatro Stabile del Veneto, sforni ogni anno attori goldoniani è indubbio, ma forse come non mai o da molto tempo, non abbiamo assistito ad una rappresentazione goldoniana così perfetta sotto ogni angolazione.

“La Casa Nova” si può inerire in un fecondo e forse il migliore periodo creativo di Goldoni scrittore, in quel 1760, prima di accettare l'invito di occuparsi della Comédie Italienne a Parigi, due anni dopo. Periodo in cui dalla sua penna uscirono i suoi “mostri sacri”, prima i “Rusteghi” e dopo “La casa nova”, poi “La trilogia della villeggiatura”, “Sior Todero brontolon”, “Le baruffe chiozzotte” e “Una delle ultime sere di carnevale”. 

La trama, la rappresentazione è affidata alla regia dell'ottimo Giuseppe Emiliani che affida anche alla Compagnia dei Giovani del Teatro Stabile del Veneto, in una riuscitissima piece, che fa onore allo stesso Goldoni.

Con “La Casa Nuova” si inserisce ancora più prepotentemente un nuovo soggetto tematico nella produzione goldoniana la ”commedia borghese”, uno dei temi che saranno rappresentati nel teatro del Settecento con forza, ma in questa opera è l'insuperabile talento del drammaturgo veneto, si supera, condensando tutta la trama in poche ore, dalle ultime ore del mattino, fino alle prime ore del pomeriggio, in un gran movimento, un via vai affannato, frenetico, i cui Goldoni inserisce il suo pensiero, quasi un ordito nascosto, le tematiche a lui più care di questo suo ultimo periodo, il più superbamente prolifico e finale, dove Goldoni vuole mostrare, attraverso un banale trasloco la sua macchina drammaturgica perfetta, che gli permette, eludendo censure o altro, di porre a nudo le smanie di ambizione di una classe borghese ostinatamente alla ricerca di un fascino nobiliare che non è suo, sfiorando e riprendendo i temi del conformismo comune della borghesia, dello scialo, dell'egoismo, fondendoli e nascondendoli sotto un frivolo orgoglio evanescente di una classe che ha disperso ogni controllo di sé, rettitudine e buon senso, auto celebrandosi anche ricorrendo solamente all'apparire, mostrarsi ancora ostentando ricchezze inesistenti o alla ricerca ossessiva dell'avere in quanto segno distintivo di una classe illuminata, in realtà dominata ormai da una vera e propria corsa folle all'autodistruzione. 

Tutte le tematiche goldoniane descritte prima sono celate in questa splendida e divertente commedia e come riporta lo stesso regista Emiliani (cit. https://teatrosalieri.it/events/la-casa-nova/): “La Casa Nova è una commedia d’ambiente in cui lo spazio poetico è occupato innanzitutto dalla vivacità dei dialoghi. I personaggi sono straordinarie creazioni linguistiche e la struttura drammaturgica è caratterizzata da un continuo “crescendo”, da un ritmo sempre più incalzante fino a diventare vertiginoso...”.

Accenniamo alla trama brevemente: Anzoletto ha spostato Cecilia, ragazza piena di grilli e capricci, con la puzza sotto il naso e già predisposta a scialacquare in un batter d'occhio i denari dello sposo. Nel nuovo appartamento affittato, regna sovrana una confusione irrimediabile: le stanze non sono ancora pronte, perché ogni giorno Anzoletto deve disfare l’ordine dei locali, seguendo i desideri della moglie, e i consigli dei suoi cari e per far contenta la giovane sposa, aggiunge costi su costi anche se si è già indebitato parecchio, come se non bastasse, nella casa regna il caos, che facilita già l'esuberanza della novella sposa a tradire Anzoletto, troppo impegnato a gestire un situazione economica che fa acqua da tutte le parti, infatti sua sorella Meneghina vede sfumare la sua dote che servirebbe al suo sposo di raggiungere l'agognata carica pubblica e mantenere quindi la famiglia.

Ci sarebbe una soluzione; chiedere un prestito al ricco zio Cristofolo, con il quale però Anzoletto è in cattivi rapporti: da diverso tempo Anzoletto lo evita, per la vergogna di avere come parente un mercante imbroglione. Ma il protagonista si rassegna a questo incontro, ma nel frattempo la sua situazione economica precipita: anche i mobili e gli arredi della casa nova vengono messi sotto sigillo da parte dei creditori, che minacciano di allontanarlo da casa. 

Si arriva perfino a, tra uno svenimento e l'altro della sposina...di arrivare a pensare di umiliarsi davanti allo zio, che, “disdicevole cosa” ha fatto il bottegaio e ancora puzza di prosciutto e di burro. Il vecchio zio all'inizio si infuria diventando un arcigno cinico, ma alla fine si commuove e concede alla nipote la dote e quindi a Lorenzino di potersi comprare la carica pubblica, rimediando anche ai debiti di Anzoletto, a patto che la “casa nuova” sia abbandonata dai novelli sposi, per trasferirsi nella sua casa. 

Il finale testimonia il trionfo della commedia borghese e della piccola borghesia il cui rappresentante è il vecchio zio pizzicagnolo, onesto lavoratore, e la condanna di chi esige di poter vivere da signore senza mezzi e senza piegarsi a cercare un lavoro.

La piece è un trionfo di scorrevolezza, bravura, grazie a questa ottima compagnia di attori, da Piergiorgio Fasolo, Stefania Felicioli, a Lucia Schierano e i “Giovani del Teatro Stabile del Veneto” hanno retto alla grande l'impatto del ”Rossetti”, offrendoci una “Casa nova” veramente degna di nota, dove tutti gli aspetti, le tematiche di una borghesia in crisi, avviluppata su se stessa, sono stata avvertite dal pubblico, sotto le mentite spoglie della bella e schietta comicità che Goldoni imprime sempre sopra il suo pensiero.

In scena al Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia per la Stagione Prosa, dal 12 al 16 febbraio.

Di Carlo Goldoni

Con Piergiorgio Fasolo, Stefania Felicioli 
e con gli attori della compagnia Giovani del Teatro Stabile del Veneto
Scene e scenografia virtuale: Federico Cautero 
Costumi: Stefano Nicolao 
Musiche: Leonardo Tosini
Luci: Enrico Berardi
Regia: Giuseppe Emiliani 
Produzione Teatro Stabile del Veneto


[home page] [lo staff] [meteo]