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Golfo di Trieste: conoscere la vulnerabilità
dell’ambiente marino per proteggerlo al meglio


La rivista People and Nature ha recentemente pubblicato uno studio, condotto grazie a una collaborazione tra l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale - OGS e l’Università degli Studi di Trieste, che ha confermato come soltanto un elevato livello di protezione dell’ambiente marino può minimizzare gli impatti delle attività dell’uomo. I ricercatori, elaborando dati ambientali e informazioni relative alle attività antropiche del Golfo di Trieste, hanno prodotto due mappe di vulnerabilità utilizzando un sistema informativo geografico - GIS (Geographic Information System) con una elevatissima risoluzione (50x50 metri). 

“Nel Golfo di Trieste convivono importanti realtà industriali e zone fortemente antropizzate ma anche diverse aree soggette a protezione e conservazione, come l’area marina protetta di Miramare, le riserve naturali regionali e i siti afferenti alla rete Natura 2000. Una corretta pianificazione dello spazio marittimo è, quindi, indispensabile per lo sviluppo di un'economia blu sostenibile” spiega Martina Busetti, ricercatrice dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale - OGS, tra le autrici dello studio.


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Le mappe ottenute evidenziano, infatti, aree con diversi gradi di vulnerabilità in relazione alle caratteristiche ambientali e al diverso grado di attività antropica. “La distinzione tra le aree a maggiore fragilità ambientale, come gli affioramenti rocciosi o trezze e quelle a elevata criticità per l’antropizzazione, come i porti, permette di avere una maggiore consapevolezza nella pianificazione delle azioni da intraprendere” precisa Martina Busetti. Inoltre, l’analisi dei fondali, anche a livello costiero, risulta essere un importante strumento, indispensabile per definire il livello di vulnerabilità. Le maggiori criticità a livello di fondale sono determinate, ad esempio, dallo sversamento di fanghi di dragaggio, dalla pesca di molluschi con draghe e turbosoffianti e dall’ancoraggio delle imbarcazioni. L’Identificazione delle aree più critiche dal punto di vista ambientale può consentire di pianificare possibili azioni di intervento o, al limite, di mitigazione degli impatti.

I risultati della ricerca hanno peraltro evidenziato l’effetto positivo dei livelli di protezione e conservazione laddove sono stati istituiti, confermando l’importanza, ribadita dall’agenda 2030 delle nazioni unite, di aumentare la percentuale di spazio marino protetto per aderire pienamente all’obiettivo 14 dell’agenda stessa e conservare e utilizzare in modo sostenibile l’ambiente marino. 

Link all’articolo: https://besjournals.onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/pan3.10537


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