Comune di Trieste


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Trieste Laboratorio, incontro con assessore de Gavardo: per la sicurezza una proposta semplice, più luce in città


Più illuminazione, non solo sulle vie principali di scorrimento o in centro, ma in aree precise: si può fare, e presto. È la proposta, sviluppata poi in maggiore dettaglio durante un incontro al Caffè San Marco in presenza dell’assessore alla Sicurezza del Comune di Trieste, Caterina de Gavardo, e di membri dell’associazione Trieste Laboratorio presieduta da Alessandro Minon e ospiti provenienti dai settori del trasporto pubblico locale e di piazza, dal settore HORECA (hotellerie-restaurant-catering), da quello dei servizi alla cittadinanza.

L’associazione propone un’azione concreta che possa essere rapidamente declinata sul territorio, tangibile, e allo stesso, da un punto di vista di spesa, inquadrabile in voci di bilancio comunali già analizzate e almeno in parte previste. Senza che ciò comporti la necessità di interventi straordinari, la proposta di Trieste Laboratorio, come evidenzia il vicepresidente Luca Lapenna, punta a prevenire il fenomeno del degrado di alcune aree del centro di Trieste. Sono zone e vie, come quelle attorno a Piazza Goldoni, un tempo cuore economico della città e ora trasformatesi, a seguito dello spostamento dell’asse cittadino verso il mare (da via Torino, a via Trento e verso Porto Vivo) in quartieri con appartamenti quasi-dormitorio. In essi risiedono in maggioranza studenti non residenti oppure chi lavora e rientra solo la sera, o nei quali triestini di età via via più elevata vivono spesso da soli, circondati da negozi, ora chiusi a causa della crisi di diversi settori del commercio, e da poco altro. Numerose anche le “zone insospettabili” che vanno invece rapidamente verso il rischio degrado: la Piazza del Perugino, la zona superiore del Viale Venti Settembre, le laterali da Largo Barriera alla Piazza Goldoni stessa, la Piazza Volontari Giuliani; meno, invece, la via Sant’Anastasio, man mano che il quartiere di Roiano acquista un nuovo volto.

Il concetto del vicinato degradato, nel quale una semplice finestra rotta, se non subito riparata, finisce per essere uno stimolo a rompere anche la finestra vicina, ha attratto l’attenzione di ricercatori, urbanisti e attivisti per decenni: è una teoria che mette in evidenza i complessi processi attraverso i quali le comunità, in particolare quelle urbane, possono subire un deterioramento socio-economico e ambientale che influenza sensibilmente la qualità della vita dei suoi residenti, fino a portare a un aumento del tasso di criminalità. Si parla soprattutto di reati minori, come furti negli appartamenti e vandalismo, che contribuiscono a un senso generale di insicurezza e paura tra i residenti. A Trieste, capoluogo tuttora fra i più sicuri in Italia, manca forse oggi, come città, una nuova personalità che possa prendere il posto di quelle ormai passate del primo e secondo Dopoguerra e di quella degli anni della guerra nell’ex Iugoslavia; gli edifici abbandonati - alcuni, interamente - ci sono, e l’illuminazione stradale, pur non carente, non ha potuto per forza di cose nella sua pianificazione tener conto di un’evoluzione che, sotto la spinta di trasformazioni geopolitiche molto forti – la Rotta balcanica, il ricambio etnico in alcune comunità tradizionalmente molto presenti, lo sviluppo del porto, i conflitti europei - dopo il 2016, nel marcato cambiamento demografico soprattutto in termini d’età e nella difficoltà di ritrovare una coesione sociale, è stata molto rapida.

Molti gli altri temi collaterali trattati nell’incontro: dalla sicurezza nel trasporto pubblico, a quella delle aree residenziali dell’altopiano carsico influenzate dalla Rotta balcanica stessa, all’effettivo sviluppo, per quanto non in modi tali da causare effettiva preoccupazione ma non trascurabili o sottovalutabili, di nuclei di criminalità giovanile in aree anch’esse molto centrali – noti gli episodi della Scala dei Giganti e di alcune parti di San Giacomo e della zona vicina a Piazza Libertà. Nuclei di disagio giovanile, piuttosto che di criminalità, peraltro multietnici – anche questo un fenomeno nuovo – formati da immigrati, spesso dalle aree geografiche africane e del Medio Oriente, non necessariamente irregolari, che però trovano alleanza con italiani.

Essenziale quindi in conclusione investire nelle infrastrutture e ancora di più nei servizi pubblici, cercando anche la possibilità di far rinascere opportunità economiche proprio in quelle vie che rischiano il degrado pur essendo nel centro cittadino: più luce, oltre che maggior sicurezza, significa anche maggior visibilità, e l’avvio di un ciclo virtuoso che può portare se non alla rinascita delle intere aree perlomeno a un forte stimolo per il piccolo commercio specializzato. In questo, la collaborazione fra i settori pubblico e privato è cruciale.

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